Il “video esperanto” presentato alla Biennale di Venezia negli anni ‘80, individuava l’emersione di ideogrammi globali, comprensibili a livello universale. La ricerca “video esperanto” puntava a codificare i “denominatori planetari”, segni che emergono dal “melting pot” il calderone dell’immaginario collettivo mediatico dove si fondono segni provenienti da popoli e culture diverse. Il primo nucleo di denominatori planetari è stato presentato alle corderie dell’arsenale della Biennale di Venezia del 1986. In un certo senso i segni esposti da Gualtiero e Roberto Carraro alludevano all’immaginario mediatico globale della pop art e della street art, seguendo una linea che porta da Warhol a Haring, ma con la finalità di individuare e organizzare in modo sistematico il linguaggio della comunità del “villaggio globale” che oggi trova nel World Wide Web l’ambiente di riferimento.

Prima la televisione, poi l’web, con la loro forza omologatrice, producono di continuo denominatori comuni visivi su scala planetaria: scene, gesti, edifici, prodotti, oggetti, marchi, figure. Significativamente, questi segni erano associati, o meglio, etichettati da parole, come oggi accade nell’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale.