La rapida diffusione di chatGPT ha subito impattato il mondo della scuola, che deve attrezzarsi per affrontarlo; l’uso da parte degli studenti di questo modello di intelligenza artificiale oltre a complicare le attività di verifica delle loro conoscenze e abilità personali, può provocare inibizione delle attività intellettuali e demotivazione allo studio. L’AI ACT dell’Unione Europea definisce l’educazione un settore ad alto rischio, e mette in guardia in particolare dall’applicazione del voto da parte di piattaforme AI, che possono influenzare arbitrariamente lo sviluppo personale e occupazionale delle persone. I problemi che possono sorgere dall’uso dell’AI a scuola sono molteplici, tra di essi: dipendenza dalla tecnologia, privacy e sicurezza dei dati, equità nell’accesso, superficialità dell’apprendimento, persuasione occulta, delegittimazione dell’insegnante.
Una prima strategia individuata dalle istituzioni scolastiche è, come per i social network, chirurgica: vengono vietati i dispositivi digitali in aula, e di conseguenza abolito l’accesso anche all’Intelligenza Artificiale, in particolare nelle prime fasi dell’età evolutiva.
Occorre però considerare che l’intelligenza artificiale si sta rapidamente diffondendo nella società, e viene utilizzata quotidianamente nei modi più disparati, anche dai giovanissimi, al di fuori della scuola. Per questi motivi l’istituzione scolastica non può ignorarla semplicemente vietandone l’uso all’interno dei propri spazi di competenza, anche perché va tenuto in conto che essa avrà un impatto sempre maggiore sulla cultura e sulle professioni: è dunque necessario che, come ente educativo d’elezione, la scuola si faccia carico della responsabilità di guidare i giovani, per la parte che le compete, a fruire di questo strumento in modo costruttivo e sicuro per la loro formazione.
La nota “Antiqua et Nova” del Vaticano, dedicata all’intelligenza artificiale, afferma: “Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia”. Questa indicazione sembra concordare con quanto sopra, ossia che occorre prevedere l’introduzione dell’intelligenza artificiale a scuola, ma con senso critico e finalizzata a precisi obiettivi didattici. È necessaria una mediazione didattica, sia ad opera dei docenti, sia mediante l’utilizzo di contenuti e contenitori tecnologici progettati per fornire un accesso corretto all’intelligenza artificiale.
Fin da subito va considerata l’ampiezza della sfida: l’intelligenza artificiale va oltre la scuola, e impatta le dinamiche sociali, culturali, economiche e politiche in cui gli studenti saranno, e anzi in parte già lo sono, coinvolti.
Fin d’ora è necessario progettare e mettere in campo una didattica che non scenda a patti con l’intelligenza artificiale, ma che la utilizzi per la formazione di una nuova intelligenza umana, necessaria in questa fase rivoluzionaria dell’evoluzione dell’umanità, paragonabile al momento dell’invenzione della scrittura. Come allora, anche oggi una nuova tecnologia si sta inserendo prepotentemente nella vita dell’uomo e può modificare il suo modo di vivere e pensare: oggi, a differenza di allora, il mondo è molto più “piccolo” e questo cambiamento epocale sta già coinvolgendo tutti.
Se la formazione dell’”Homo Extensus”, delle nuove generazioni che saranno “estese” grazie all’intelligenza artificiale, diventa un compito ineludibile per la scuola del XXI secolo, la rapidità dell’innovazione tecnologica rende necessaria anche una formazione all’Intelligenza Artificiale per gli adulti, investiti dall’impatto e costretti a fare i conti con la trasformazione delle competenze professionali.
Nell’era dell’intelligenza artificiale, vanno individuate dunque delle metodologie didattiche che mettano al centro la formazione di una nuova intelligenza umana: alcuni progetti ed esperienze didattiche che vanno in questa direzione sono già state realizzate recentemente nella scuola italiana.