Internet potenzialmente ci potrebbe aprire le porte della conoscenza universale. Perché invece ci troviamo spesso a rovistare negli stessi argomenti, a interagire con le stesse persone, a scoprire cose che in gran parte già conosciamo? Perché gli algoritmi di personalizzazione dei contenuti ci hanno infilato in un imbuto semantico.

Ciò significa che, analizzando attentamente le nostre ricerche, le pagine che consultiamo, i video che guardiamo, le piattaforme hanno costruito per noi un ambiente informativo su misura, che invece di stimolarci a scoprire nuove cose, tende a sollecitare e confermare i nostri interessi, le nostre opinioni (anche politiche) e le nostre abitudini.

E il motivo dell’imbuto semantico non è dettato da un’attenzione delle piattaforme on line ai nostri gusti o interessi, ma piuttosto per far sì che la loro offerta – che peraltro ci impoverisce intellettualmente – faciliti e quindi favorisca la nostra permanenza nelle loro pagine il più a lungo possibile.

Le piattaforme digitali a pagamento, come ad esempio Netflix o Itunes, sfruttano la loro conoscenza dei profili degli utenti per consigliare sempre le stesse tipologie di contenuti, al fine di ottimizzare le vendite e i profitti.

Ma la quantità delle informazioni non corrisponde alla qualità. Troppe informazioni convergenti sulle stesse opinioni possono favorire forme pericolose di estremismo e radicalizzazione; la mancanza di idee divergenti, per giunta, riduce certamente il senso critico e il pluralismo democratico.

Occorre puntare a una crescita qualitativa dei contenuti consultati in rete, a una personalizzazione per lo sviluppo culturale e cognitivo e non per il puro intrattenimento delle persone.

Anche perché il tempo è una risorsa preziosa e sempre più rara.

La possibilità di leggere libri o partecipare a dibattiti si sta riducendo soprattutto perché il tempo necessario per queste attività che muovono il pensiero e fanno crescere culturalmente viene ormai sempre più spesso impiegato (o sprecato) interagendo negli imbuti personalizzati dei social media e dei nostri smartphone.