Nel suo ultimo libro, “L’uomo Mosè e la religione monoteistica”, Freud sostiene che l’avvento dell’alfabeto segna il passaggio dalla preistoria alla storia, dall’inconscio primitivo alla coscienza della civiltà storica.
Per la prima volta un gruppo umano, gli Israeliti sul Sinai, dispone di una tecnologia che permette a tutta la comunità (non solo ad una casta di scribi) di scrivere e leggere rapidamente, trasmettendo per generazioni e millenni un pensiero (quindi possiamo dire una “intelligenza”?) e mantenendolo inalterato.
Il primo effetto della “scrittura di Dio, incisa sulle tavole”, è proprio l’etica. Quella che per i Cristiani è la Bibbia, per gli Ebrei è la Torah, la legge. A partire dai dieci comandamenti, codifica un insieme di norme, fissate e trasmesse grazie alla memoria artificiale della scrittura, che regola ogni aspetto della vita – anche il più intimo – del popolo di Dio.
Quindi, in un certo senso, si può affermare che il più importante codice etico della cultura occidentale, la Bibbia, è un effetto dell’invenzione di una tecnica cognitiva, la scrittura alfabetica.