Anche altri codici fondamentali per la storia della civiltà, come le monete, traggono spunto dall’alfabeto, inteso in senso fisico e matematico.

Il sociologo Karl Polanyi ritiene la moneta un sistema semantico «simile, in senso generale, al linguaggio, alla scrittura, o ai pesi e alle misure».

La tradizione vuole che la moneta sia stata coniata per la prima volta da Creso, re di Lidia, nel VI secolo a.C.

Marshall Mc Luhan afferma che “il denaro, come la scrittura, ha il potere di specializzare e incanalare in nuove direzioni le energie umane e di separare le funzioni, allo stesso modo in cui traspone e riduce una forma di lavoro in un’altra”. Il denaro è una tecnologia specialistica, che traduce il lavoro dell’agricoltore in quello del barbiere, del medico o dell’idraulico.

George Sansom osserva che il mezzo monetario nel Giappone del XVII secolo ha avuto effetti non dissimili dal funzionamento della stampa in Occidente. La penetrazione dell’economia monetaria, “provocò una rivoluzione lenta ma irresistibile, che culminò nella rottura del governo feudale e nella ripresa dei rapporti con l’estero dopo più di duecento anni di isolamento”.

Il denaro viene definito “equivalente universale” nell’economia e, in particolare, nella teoria marxiana. Questa espressione si riferisce alla capacità della moneta di essere ampiamente accettata come mezzo di scambio per qualsiasi bene o servizio, e come misura del valore di ogni merce.

La moneta accelera gli scambi, estende le organizzazioni nello spazio, ma consente anche di immagazzinare il tempo degli uomini.