Veniamo ora ad una ulteriore mutazione dell’intelligenza umana, avvenuta alcuni secoli dopo l’introduzione del monoteismo in ambito ebraico.
Passiamo alla Grecia, dove il mitico re fenicio Cadmo importa l’alfabeto in una cultura dove non esisteva una scrittura ideografica ma solo una cultura orale, il mito.
In poche generazioni gli antichi poemi cantati dagli aedi, come l’Iliade e L’Odissea, diventano opere scritte ma, soprattutto, qui nasce una nuova espressione intellettuale, la filosofia. Un gruppo di pensatori di diverse polis greche, detti presocratici, compie una delle più importanti mutazioni intellettuali della civiltà umana. Il distacco dal mito costituisce un tema filosofico fondamentale: esso viene a coincidere con l’origine della filosofia stessa, che organizza l’esercizio razionale del pensiero al di fuori della sfera del mito.
Scrive Platone nel dialogo del Cratilo che attraverso gli stoicheia (questa parola indica sia gli elementi che le lettere: l’omonimia non è certo casuale) le differenze e le relazioni danno ordine al mondo delle parole e delle cose. Adottando l’alfabeto diviene pensabile e possibile l’imitazione dell’essenza che sta alla base del linguaggio.
Il maestro di scuola elementare nell’antica Grecia si chiama grammatista, seguito nella preadolescenza dal grammatikos – con un chiaro riferimento all’apprendimento della scrittura e della lettura – e infine dai retori e dai filosofi.
La biblioteca di Alessandria, con 800.000 rotoli di papiro, costituisce il primo grande tentativo di raccogliere e rendere disponibile il sapere collettivo dell’umanità, basato sulla tecnologia alfabetica.
Saranno gli schiavi greci, utilizzati come tutori, ad elevare la cultura dell’antica Roma.