Dalle indicazioni strategiche di Xi Jinping risulta evidente che la priorità della Cina è applicare l’IA all’“economia reale”, incrementando così la produttività nei settori economici tradizionali e soprattutto nella produzione manifatturiera. Questa strategia intende rispondere a diversi problemi che l’economia cinese si trova a fronteggiare in questo periodo storico: il rallentamento della crescita economica, il rapido invecchiamento della popolazione e la decelerazione della produttività. Sotto la guida statale, l’AI intende diventare la tecnologia di punta nell’innovazione dei settori produttivi Cinesi, che vanno dunque ad attingere non tanto alle prestazioni dell’AI generativa ma dell’AI operativa. Si tratta di forme di narrow AI verticali, progettate per rendere più competitivi i vari comparti produttivi.
Tuttavia, anche la Cina – come lo stesso Giappone che rappresenta un modello vincente nell’adozione della tecnologia in ogni comparto– si sta confrontando con un “deficit di diffusione” dell’innovazione dall’ambito accademico a quello economico: questo deficit, unito a uno squilibrio tra domanda e offerta di competenze professionali qualificate, fa nascere la necessità di investire sulla formazione.
Anche in questi Paesi tecnologicamente avanzati è dunque evidente il gap tra innovazione e sviluppo mediante l’applicazione delle innovazioni prodotte. Passare dalle parole ai fatti è sempre complesso. Anche per un probabile impatto rilevante dell’automazione sull’occupazione, che in Cina può assumere dimensioni critiche.