Il popolo del libro, gli ebrei, è stato il primo a introdurre non solo l’alfabeto (nella forma proto-sinaitica) ma anche l’obbligo scolastico – correlato all’esigenza di leggere la Sacra Scrittura ed esteso anche alle donne – già nell’epoca di Mosè e dei giudici. Gli ebrei, anche dopo la distruzione del tempio e nella diaspora, continuano ad essere alfabetizzati persino nei secoli bui in cui in Europa prevaleva l’analfabetismo, grazie alla trascrizione della legge mosaica, la Torah, che ha anche permesso di preservare la lingua ebraica come un fossile vivente. La loro identità per secoli non è definita da una terra, ma da un libro.

Nella tradizione cattolica e ortodossa invece, prima della stampa di Gutenberg e della riforma luterana, solo i sacerdoti hanno il diritto di leggere i testi sacri e la lettura dei testi greci viene a lungo proibita.

Ciò spiega perché ancora nel XX secolo ben 193 persone conosciute come ebrei o di origini ebraiche sono state insignite di un Premio Nobel, il che rappresenta il 22% di tutti i destinatari dell’onorificenza in tutto il mondo tra il 1901 e il 2014, nonostante questi costituissero solo lo 0,23% della popolazione mondiale.

L’effetto cognitivo dell’alfabeto si è protratto nella storia, attraverso diverse ondate di alfabetizzazione, favorite anche dalla introduzione della stampa nell’età moderna e dalla scolarizzazione di massa nel XX secolo. Nel 1948 solo il 45% dei 2,4 miliardi di abitanti del pianeta Terra era scolarizzato. Nel 2022 questa percentuale ha raggiunto il 95% di quasi 8 miliardi di persone.

Nel ‘900 James R. Flynn ha osservato l’aumento nel valore del quoziente intellettivo medio della popolazione nel corso degli anni, in svariati paesi (più di una ventina) e indipendentemente dalla cultura di appartenenza. Flynn osserva come, nel corso degli anni, il valore del quoziente intellettivo sia aumentato in modo progressivo, con una crescita media di circa 3 punti per ogni decennio. La popolazione statunitense, ad esempio, ha guadagnato più di 13 punti dal 1938 al 1984.

Tra le ipotesi con cui si è tentato di spiegare questo aumento del QI prevale la crescita progressiva degli anni di scolarizzazione e, quindi la diffusione di una maggiore capacità di risolvere problemi logici ed astratti, inevitabilmente legata all’utilizzo di lettere e numeri.

Nato oltre 3000 anni fa, l’alfabeto non ha ancora smesso di esercitare il suo effetto sull’intelligenza umana.