La questione della mediazione culturale digitale è diventata oggi critica e urgente a causa dell’evoluzione di Internet che, dopo alcuni anni di consolidamento dei social media, presenta una situazione estremamente preoccupante rispetto alla qualità delle informazioni e dei processi educativi, che rischia di peggiorare con l’affermazione dell’Intelligenza Artificiale.

Siamo esposti a un’eccessiva quantità di contenuti e a una sostanziale inaffidabilità degli stessi nelle piattaforme social. La relazione tra gli utenti finali e Internet è diventata spesso problematica. L’avvento di ChatGPT ha determinato il ricorso di massa degli studenti all’AI generativa per attività fondamentalmente diseducative, come ad esempio evitare di eseguire direttamente compiti, ricerche, traduzioni e temi affidandosi ad un uso semplicistico dei chatbot.

In sostanza oggi è richiesta una nuova mediazione culturale che permetta di filtrare il mare magnum dei contenuti presenti in rete e degli strumenti di AI, affinché diventino più efficaci e di qualità, a vantaggio dell’utente finale. Si tratta di creare e far crescere una nuova “intelligenza estesa collettiva” che possa svolgere a profitto dell’intera società umana il ruolo di “mediatore culturale digitale” tra la rete e le nuove generazioni.

Le persone che già svolgono attualmente nella società un ruolo educativo, formativo o culturale, potranno porsi in prima linea per assumere, grazie a un’adeguata evoluzione culturale e dotandosi di idonei strumenti, un nuovo ruolo di assoluto rilievo nell’arena digitale. Vediamo però di capire da dove siamo partiti e come siamo arrivati a questo punto.