Esistono già da decenni artisti che hanno affrontato vari tipi di intelligenze artificiali con libertà, spirito critico e analitico e spinta all’innovazione. Il collettivo artistico Obvious nel 2018 ha creato con un algoritmo “Edmond De Belamy”, la prima opera d’arte generata dall’intelligenza artificiale riconosciuta e venduta in un circuito ufficiale. Refik Anadol, Robbie Barrat, Hito Steyerl sono artisti riconosciuti a livello internazionale che stanno indagando l’impatto dell’AI sulla società, sulla percezione del mondo, sull’arte stessa. Mario Klingemann produce opere giocando con delle reti neurali. Si tratta però in gran parte di ricerche elitarie, rivolte al ristretto mondo dell’arte contemporanea, o ancor peggio ai pochi cultori di arte digitale. Nel campo dell’arte concettuale e sperimentale, l’uso dell’AI è sempre più diffuso. La recente e rapida affermazione dei software di “AI Image generation” ha però cambiato lo scenario. Da un ambito di nicchia, chiuso nei laboratori di ricerca, la generazione di immagini mediante AI è diventato un fenomeno di massa che l’arte non può trascurare. Rimane aperta una riflessione critica sull’impatto dell’AI sulla creatività, l’autorialità e il valore stesso dell’opera. La domanda centrale è ancora aperta: le immagini generate con l’AI possono essere considerate vere opere d’arte?