Umberto Eco definiva l’enciclopedia “il sapere condiviso” di una comunità culturale.

Dopo le enciclopedie multimediali degli anni 90, è arrivata l’epoca del motore di ricerca, e in fondo dello stesso World Wide Web, che può anch’esso definirsi “sapere condiviso”.

Dopo 20 anni in cui le ricerche su Google davano accesso al sapere, ora è l’intelligenza artificiale generativa che attinge all’intero patrimonio di conoscenze delle fonti digitali disponibili On Line, e si sostanzia quindi anch’essa del “sapere condiviso”, all’epoca degli anni ’20 del XXI secolo.

Le sentenze oracolari di ChatGPT non esprimono di fatto un’intelligenza strettamente artificiale o aliena, ma una sintesi rielaborata in tempo reale del sapere umano, su base probabilistica, in risposta a specifiche richieste (i Prompt): quindi tale sintesi è in qualche modo un’espressione della conoscenza dell’umanità, condivisa e pubblicata in rete.

Ma il sapere e la saggezza non sono la stessa cosa. Sapere è potere, senza dubbio. Ma per decidere come usarlo, il potere, non bastano la conoscenza o l’intelligenza, serve anche la saggezza e, a quanto appare ad oggi, questo è un ambito diverso, tipicamente umano.