Nonostante il paventato quanto del tutto ipotetico avvento della Singularity e della Super Intelligenza Artificiale, non dimentichiamo che siamo pur sempre di fronte a uno strumento creato dall’uomo, di cui l’uomo può disporre legalmente e tecnicamente come di una merce.

Nel mondo professionale qualcuno comincia a chiedersi se l’AI diventerà il suo superiore o il suo collega, ma, se proprio volessimo assegnarle un ruolo all’interno di un organigramma aziendale, a livello gerarchico avrebbe senso collocarla come un dipendente, o meglio uno schiavo, privo di diritti, essendo questi di esclusivo dominio degli esseri viventi.

Non è la prima volta nella storia dell’umanità che si è potuto disporre di schiavi più intelligenti dei padroni: anche gli antichi romani dopo la conquista della Grecia possedevano tutori colti, ridotti in schiavitù. Un aneddoto di Seneca descrive un ricco liberto che desiderava apparire colto recitando poesie alle cene, ma era ostacolato da una cattiva memoria. Così comprò degli schiavi istruiti e fece imparare a memoria Omero a uno, Esiodo a un altro, e così via, basandosi sulla teoria che ciò che sapevano i suoi schiavi, lo sapeva anche lui.

Possedere e sfruttare uno schiavo artificiale, rispetto a uno umano, è ovviamente un progresso nella civiltà umana. E naturalmente scegliere di staccare la spina dell’AI è un atto privo di conseguenze morali, nonché uno dei potenziali antidoti alla crescente invadenza degli schiavi artificiali.