Assistiamo sul Sinai ad una guerra dei Media: il Medium vincitore è la scrittura alfabetica, i vinti sono le immagini (gli idoli) e l’oralità (il mito), protagonisti ormai superati della preistoria. L’idolo del vitello d’oro (Alef in ebraico, il dio Api in Egitto) viene distrutto e sostituito dalla lettera alfabetica (Alef, poi Alfa e A).

Nelle tavole di Mosè si impone il Dio Invisibile che portando “La scrittura di Dio, incisa sulle tavole” nei primi due comandamenti rimuove le immagini e proibisce i culti orali, segnando così il passaggio mentale dalla idolatria politeista al monoteismo, che apre la strada anche alla nuova dimensione del pensiero astratto e della coscienza morale.

Quando i Romani conquistano Gerusalemme e violano il tempio, si aspettano di trovare una enorme statua. Ma non è così. Tacito riferisce: «Tra i Romani, Gneo Pompeo fu il primo a sconfiggere i Giudei e a entrare nel loro tempio col diritto del vincitore: da ciò si seppe che dentro non vi era nessuna immagine di divinità: la sede era vuota e vuoti i loro misteri»

Nel Sancta Sanctorum, la parte più sacra del Tempio di Gerusalemme, in realtà era conservata l’Arca dell’Alleanza, che custodiva le tavole della Legge.

In un certo senso, abbiamo una identificazione della nuova tecnica di scrittura, introdotta da Mosè, con la rappresentazione fisica di Dio stesso, che si impone sul popolo eletto segnando una consapevole ed esplicita frattura storica rispetto alle civiltà precedenti.

A distanza di tre millenni, qualcuno può mettere in discussione la validità del Monoteismo, ma nessuno vorrebbe tornare ai geroglifici e al politeismo degli Egiziani. La mutazione è drastica e irreversibile.