La tecnica della scrittura non genera solo la legge, ma rende possibile anche la forma invisibile e monoteistica della divinità, il Dio unico che parla attraverso la “sacra scrittura” (indubbiamente alfabetica) e da allora sarà condivisa dalle tre grandi “religioni del libro” (Ebraismo, Cristianesimo, Islam).
Il primo e il secondo comandamento della legge vietano le immagini e la nominazione verbale, sono norme non tanto religiose quanto mediatiche; esse riguardano il corpo e la forma dell’espressione umana:
“Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sottoterra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai” (Esodo 20,7).
Con il primo comandamento viene bandita l’idolatria, ossia l’utilizzo delle immagini nel culto e nella rappresentazione della divinità, prescrizione ancora valida per Ebrei e Mussulmani.
Ed ecco il secondo comandamento: “Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano”.
Il divieto di nominare il nome di Dio nel culto colpisce la ritualità e la tradizione orale, quello che per i Greci è stato definito il mito.