Siamo intorno al 1450, l’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Johannes Gutenberg, segna l’inizio di una profonda rivoluzione intellettuale. Adattando una tecnologia esistente, utilizzata ad esempio per stampare immagini sui tessuti, Gutenberg introduce la stampa a caratteri mobili per la riproduzione di testi alfabetici. Il libro, un bene raro e prezioso, riservato a pochi nobili ed ecclesiastici, diventa rapidamente un media popolare.
Per la prima volta nella storia, superati d’un balzo sia lo scoglio rappresentato dalla lentezza che i problemi legati al costo della copiatura manuale dei testi, il sapere può essere riprodotto su larga scala. Questo permette un’ampia circolazione delle idee, abbattendo barriere culturali e linguistiche, e contribuisce alla nascita di una nuova coscienza collettiva in Europa.
La stampa della prima opera, la Bibbia, ne rende possibile una maggiore divulgazione, con accesso diffuso alla lettura e quindi all’interpretazione. La mediazione culturale della Chiesa cattolica, fino a quel momento inevitabile, viene superata dalla possibilità di fruizione e interpretazione diretta da parte di nuovi lettori e comunità religiose, tra cui i movimenti protestanti.
Lutero, favorito dalla disponibilità del testo biblico a stampa, afferma il principio del libero esame della Bibbia da parte dei fedeli. Ed ecco che l’esigenza del fedele protestante di leggere personalmente la Bibbia diventa anche una spinta per l’alfabetizzazione di massa.
Il Protestantesimo, fondato sul libero accesso alla Bibbia e sulla responsabilità individuale, incoraggia anche uno spirito di autodisciplina e iniziativa personale che si coniuga con l’etica del lavoro e del risparmio, contribuendo alla nascita dello spirito capitalista, come evidenziato da Max Weber.
I difensori della tradizione cattolica tentano di fermare la rivoluzione mettendo i libri all’indice e al rogo, ma la stampa diventa un motore inarrestabile della rivoluzione della cultura moderna.