Da un altro punto di vista, in un documento interno riportato da Bloomberg, OpenAI ha definito una crescente evoluzione funzionale dei sistemi intelligenti:

  • Il primo livello, che è da considerarsi raggiunto, è la conversazione.
  • Il secondo livello è il ragionamento ed è in corso di evoluzione.
  • Il terzo livello è quello degli agenti dell’AI operativa, in grado di compiere azioni articolate per conto dell’utente.
  • Segue il livello dell’innovazione: si tratta di macchine in grado di innovare, cioè di inventare soluzioni non contenute nelle informazioni con cui è stata addestrata.
  • Al culmine del processo di evoluzione funzionale dei sistemi intelligenti, si prevede l’avvento di sistemi organizzativi, cioè in grado di coordinare più persone, come in un’azienda o istituzione umana.

In questo scenario si delinea chiaramente la necessità di una reazione dell’intelligenza umana, che si attivi per gestire una tecnologia cognitiva di così vasta portata.

Il dibattito dominante in realtà si concentra oggi principalmente sugli effetti dell’IA sulle attività e sulle professioni dell’uomo, dando vita a discussioni su quali competenze e mestieri verranno sostituiti, quali affiancati, quali infine creati dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale.

Vogliamo qui per contro focalizzare il tema molto meno discusso ma, secondo la tesi e le riflessioni sottese a quest’opera di vitale importanza per la cultura e l’intelletto umani, di come l’IA dovrà essere governata e condotta a determinare un’evoluzione delle forme dell’intelligenza umana e auspicabilmente una sua estensione. Cogliere in questo momento di grandi cambiamenti la necessità di immaginare nuove forme e estensioni dell’intelligenza umana può aiutare in maniera decisiva l’uomo a mantenere nelle proprie mani il timone del cambiamento e a governarlo impedendo derive dagli esiti non prevedibili.

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