L’Europa è finora rimasta ai margini della rivoluzione digitale. La stessa marginalità europea appare anche nell’era dell’intelligenza artificiale, evidenziata dal divario negli investimenti, nella creazione di aziende e prodotti e nella realizzazione di server farm necessarie per alimentarla. In questa prima fase dell’Intelligenza artificiale generativa, il conflitto tra americani e cinesi sta velocemente portando a un eccesso di offerta di servizi di base, anche gratuiti e open source, gonfiati da una bolla finanziaria e pensati per accaparrarsi miliardi di utenti. Questa feroce competizione sta velocemente trasformando l’intelligenza artificiale in una commodity a basso costo, messa a disposizione da più operatori. Si sta aprendo una nuova fase, in cui la disponibilità di LLM (Large Language Model: programma informatico che può riconoscere, interpretare e generare testo) sposta la sfida in avanti, verso gli innumerevoli ambiti applicativi. È in questa nuova fase che il vecchio continente può giocare un ruolo chiave, forte della sua diversità culturale ed industriale. La prova che attende l’Europa di oggi è la necessità di sviluppare applicazioni che aumentino la produttività dei comparti economici, necessaria per superare le sfide demografiche, tecnologiche e geopolitiche che si profilano nei prossimi anni: una prova che potrebbe forse essere superata da un grande numero di intelligenze artificiali verticali operative progettate sul campo, negli innumerevoli distretti economici europei, piuttosto che da una monolitica intelligenza artificiale generale.