L’ingresso dell’intelligenza artificiale nella scuola è praticabile in due modalità fondamentali: insegnare con l’AI, cioè introdurla tra gli strumenti didattici, e insegnare l’AI, cioè considerarla argomento di studio.
Per quanto riguarda l’AI-strumento didattico, essa può essere utilizzata come tutor virtuale, che assiste o sostituisce il docente interagendo direttamente con lo studente, ad esempio fornendogli la possibilità di esercitarsi nella conversazione in lingua straniera. Ma l’AI può essere usata anche per attività come la generazione di immagini, la ricerca di fonti, lo sviluppo di riassunti, la traduzione: tutte queste attività prima venivano effettuate manualmente, oggi possono essere automatizzate. Queste automazioni, sempre se a utilizzarle sono gli studenti, demotivano le pratiche didattiche precedenti, come l’insegnamento al disegno e all’illustrazione, e mettono la scuola in crisi di identità.
Serve una ridefinizione degli obiettivi e delle attività scolastiche.
Non sono a rischio le attività didattiche finalizzate al consolidamento delle soft skill, cioè delle competenze trasversali, come l’autocontrollo, l’empatia, la capacità di collaborare, ancora profondamente legate al rapporto umano tra il docente e gli studenti, ma le hard skill tradizionali, come la matematica, l’italiano, le lingue straniere vanno reinterpretate in un nuovo contesto antropologico, in cui si praticano attività di formazione con l’AI. Anche le competenze tecniche possono essere apprese in modo nuovo utilizzando l’intelligenza artificiale.