Il dilemma più destabilizzante nella scuola di oggi è che cosa serve studiare in modo da non essere in futuro messi in difficoltà o sostituiti da sistemi di intelligenza artificiale. A causa di questa, infatti, moltissime attività umane sono oggi a rischio di marginalizzazione o sostituzione. Ad esempio la traduzione, ormai effettuata efficacemente da modelli Ai dedicati, ma anche l’illustrazione, la composizione musicale, le attività amministrative, persino quelle manageriali, sono messe in discussione. Le soft skills, quelle inerenti alla persona e alla sua capacità di relazionarsi, restano fondamentali e al centro del processo di formazione. Le hard skills, le competenze tecniche, oggettive e misurabili, che permettono di svolgere compiti specifici in un determinato settore, sono invece messe in discussione dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale, che sta superando le capacità dell’uomo in innumerevoli operazioni cognitive. La domanda è quindi: quali competenze deve possedere uno studente in storia, lettere, matematica, fisica, in un mondo in cui la singularity (il momento in cui l’intelligenza artificiale generale supera quella umana) porrà l’intelligenza artificiale al centro delle attività cognitive e di ricerca? Certamente la creazione dello spirito critico è una competenza fondamentale, un antidoto di fronte alla natura monologica dell’intelligenza artificiale, che risponde in modo assertivo e acritico: lo studente deve essere in grado di giudicare le risposte dell’intelligenza artificiale.
La capacità di condurre una ricerca e insieme di riconoscere le fonti originali, peraltro indicata dall’AI act europeo, è un’altra competenza importante: accettare la risposta dell’AI senza comprendere attraverso quali fonti è stata elaborata è pericoloso, anche perché raramente le fonti vengono esplicitate. Da una parte lo studente dovrebbe imparare a richiedere le fonti, dall’altra dovrebbe verificare le risposte artificiali su fonti umane.
Il pensiero plurale è un’altra competenza chiave, anche questa da mettere in gioco per contrastare la tendenza monologica dell’intelligenza artificiale. Con metodologie didattiche che integrano l’AI, pensate per l’apprendimento critico e pluralista, proponendo più risposte alternative, si abitua lo studente al pensiero plurale, a giudicare più punti di vista, e quindi a non assumere la risposta monologica come verità imposta.
Non è possibile oggi comporre un elenco esauriente delle competenze chiave: questo è un cantiere aperto, che si misura continuamente con l’evoluzione delle intelligenze artificiali e che richiede il pensiero e il contributo di tutti gli agenti educativi della scuola.