L’evoluzione delle professioni degli operatori dei Media incontra come prima sfida le nuove possibilità di generazione di contenuti da parte dell’intelligenza artificiale. Da una parte il giornalista come fruitore e rielaboratore delle informazioni deve essere in grado di discernere ciò che è reale da ciò che è artificiale, dall’altro deve capire come sfruttare per il suo mestiere le nuove potenzialità dell’AI.
Partiamo dalle immagini. Nel paesaggio dei media contemporanei, si stanno evidenziando con crescente chiarezza due universi distinti: da un lato, quello delle immagini “reali”, basate prima sulla fotografia e poi sul video, riconosciuti dalle società moderne come strumenti di testimonianza e documentazione del mondo; dall’altro, quello delle immagini sintetiche, create prima con effetti speciali, oggi con intelligenze artificiali generative che producono immagini e video indipendenti dalla realtà fisica ma indistinguibili da quelli reali, i cosiddetti “deepfake”.
Questa distinzione non è solo tecnica, ma anche culturale ed epistemologica. I real media hanno costruito nella nostra era il paradigma della veridicità, dell’autenticità, della prova visiva. Nell’era moderna hanno sostenuto l’autorità del giornalismo, del reportage, del documentario. Per oltre un secolo, la fotografia e il video sono stati considerati specchi della realtà, strumenti attraverso cui percepire, comprendere e condividere il mondo.
I contenuti generati dall’AI, al contrario, non rappresentano il reale: inventano l’irreale. Si crea così un cortocircuito tra realtà e irrealtà che pone interrogativi cruciali agli operatori dei media sul riconoscimento della veridicità, e sull’autenticità delle fonti, che assume una criticità sempre maggiore. La diffusione del web 2.0, con il paradigma degli User Generated Content dilagato nei social network, ha già messo in crisi il ruolo degli editori come mediatori culturali, introducendo nella comunicazione di massa attori che non rispettano le regole e le responsabilità a cui sono sottoposti i media ufficiali.
La proliferazione di notizie generate artificialmente nel web 3.0 provocherà un ulteriore inquinamento informativo. La diffusione di deepfake e contenuti ingannevoli renderà necessari servizi sempre più sofisticati di verifica e deepfake detection, cruciali per tutelare l’informazione e i media. Il primo impatto dell’intelligenza artificiale sul giornalismo appare quindi negativo, e richiede strategie difensive.
L’intervista virtuale a J.F. Kennedy, prodotta da Carraro Lab e trasmessa da Sky Tg24 il 15 luglio 2023 è una interessante provocazione che denuncia i rischi dell’intelligenza artificiale nel mondo del giornalismo. Le risposte di John Fitzgerald Kennedy alle domande di Sarah Varetto sono state elaborate da una chatbot, che, considerando i discorsi e le posizioni politiche del presidente presenti in rete, è stato in grado di elaborarle assecondando lo stile del presidente americano, sia in italiano che in inglese. Il tutto per denunciare i rischi a cui il giornalismo è esposto.
