Torniamo al rapporto tra il pensiero e la tecnica, già trattato in altre parti del libro, in particolare con riferimento alla tecnica della scrittura.

Platone la definisce un “Pharmakon” per la memoria, nel doppio senso di veleno e farmaco.

E mentre Socrate, da parte sua, diffida della scrittura, a favore del dialogo che mette a contatto un’anima con un’altra anima, nella comune ricerca della verità, Platone nella misura in cui dal dialogo può emergere una forma di conoscenza solida, è a favore della forma scritta, che la può fissare e rendere pubblica, e in ultima analisi può renderla trasmissibile nel tempo, come poi è avvenuto fino ai giorni nostri per tutte le conoscenze conquistate dall’uomo.

Si assiste quindi ad una riflessione aperta sulle due dimensioni del sapere: quella abilitata e fissata dalla tecnica della scrittura, e quella interna all’anima di ogni persona. Anche se poi va detto che prevale comunque in Platone una diffidenza nei confronti della scrittura.