Un aspetto significativo dell’evoluzione di internet è quello che si definisce web partecipativo, caratterizzato, nella fase del web 2.0, dalla possibilità offerta agli utenti di pubblicare in rete i loro contenuti.
Questa modalità di interazione dell’utente della rete non è solo tipica della sfera dei Social Media – pensiamo a Facebook (2004) dove gli utenti possono realizzare dei post di carattere testuale, visivo, audio o anche a YouTube (2005) per la componente video – ma più in generale riguarda anche piattaforme come Wikipedia (2001) che hanno costruito delle nuove architetture culturali basate sulla partecipatività e quindi sul contributo degli utenti come generatori di contenuti.
Come viene acutamente descritto nell’opera “Wikinomics – La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo” di Don Tapscott e Anthony D. Williams, il lavoro digitale e il tempo degli utenti viene sfruttato per generare valore per i gestori delle piattaforme, pensiamo ad esempio ai commenti dei turisti su Trip Advisor o su Booking o su Airbnb, che contribuiscono a classificare e descrivere le strutture ricettive. In realtà l’attività partecipativa, gratuita e volontaria degli utenti ha dato vita anche a progetti collaborativi di notevole importanza e di interesse collettivo, come le piattaforme software “open source”, cioè con codice sorgente aperto a contributi e modifiche, e di solito utilizzabile gratuitamente.