Nei confronti dei bambini, Internet, i videogame e anche lo smartphone possono diventare un pericolo e alimentare forme di dipendenza.

Esistono varie modalità di esposizione al rischio da parte degli utenti deboli – non solo minorenni.

La game addiction (dipendenza dai videogiochi) crea disturbi nelle relazioni sociali e sulle performance scolastiche; ma, viceversa, i giochi online aprono anche opportunità di relazioni sociali, anche internazionali e possono sviluppare alcune competenze digitali.

La dipendenza produce rischi enormi ancora e soprattutto per i più giovani, che possono incappare in giochi pericolosi per la loro e l’altrui incolumità.

In rete si trovano social game come Blue Whale, che addirittura istiga al suicidio; si può diventare vittime del cyberbullismo, una forma di bullismo on line che può assumere le forme più svariate di una persecuzione che si protrae nel tempo, si sviluppa in maniera subdola diffondendo notizie e informazioni anche private e intime e arriva a far sentire braccato e minacciato il proprio bersaglio fin nelle mura domestiche.

La dipendenza di chi gioca on line può anche favorirne l’isolamento: in Giappone, il fenomeno di isolamento sociale tipico dei ragazzi giapponesi che vivono in disparte, rinchiusi nelle loro stanze ritirandosi dalla vita sociale per periodi prolungati, a volte per anni, si è addirittura conquistato un nome proprio, Hikikomori, termine giapponese che significa appunto “stare in disparte” o “isolarsi”. Alcuni studiosi, come Rachel Brown dell’Australian National University, paragonano lo smartphone ad un parassita, che sfrutta dopamina e algoritmi per manipolare i centri dell’attenzione e della gratificazione e tenervi legati ad esso, alimentandosi dei vostri dati e delle vostre attività online. La maggioranza dei giovani nei paesi sviluppati è considerata dipendente dallo smartphone, che altera le posture, problemi alla vista, problemi al pollice, e “offloading” della memoria, che viene delegata al dispositivo parassita. É fondamentale riconoscere questo fenomeno, e cominciare a intervenire, come ha fatto il governo australiano imponendo il divieto dei social media per i minorenni, e con attività educative sui meccanismi di dipendenza e di manipolazione messi praticati da molte piattaforme digitali.