Esiste una domanda fondamentale relativa al paradigma dell’Homo Extensus: il potenziamento dell’intelligenza umana – abilitato dall’AI – riguarderà solo le caratteristiche positive o anche quelle negative?
Evidentemente, sarebbe un problema se ci trovassimo a incontrare masse di criminali, mercenari o truffatori con capacità estese dall’Intelligenza Artificiale.
Peraltro questo, per certi versi e in una certa misura, sarà inevitabile: fa parte dei rischi correlati ad ogni invenzione tecnologica, che può servire indistintamente qualunque uomo.
Ma la diffusione delle tecnologie cognitive in passato ha reso l’uomo migliore?
Nel saggio “il declino della Violenza”, Steven Pinker osserva che, nel suo procedere nella storia, l’umanità ha visto un progressivo ridursi della violenza, sia a livello degli individui che degli stati. Manifestazioni violente come l’induzione in schiavitù, la tortura, la pena di morte, il maltrattamento di donne, di minori e addirittura di animali sono stati progressivamente proibiti o ridotti in un numero sempre maggiore di nazioni. Pinker sottolinea un interessante effetto dell’alfabetizzazione che ha prodotto la riduzione progressiva delle forme più brutali di violenza nella storia delle civiltà: “Una domanda interessante è che cosa abbia allargato il cerchio dell’empatia. E un buon candidato è il diffondersi dell’alfabetizzazione. La lettura è una tecnologia di messa in prospettiva. Quando si hanno in testa i pensieri di un altro, si osserva il mondo dal suo punto di vista.”
La gestione etica, pedagogica e politica dell’Intelligenza Artificiale sarà fondamentale per avere come effetto un miglioramento della “umanità” intesa anche come spirito di collaborazione costruttiva tra gli uomini. Serve organizzare una nuova comunità educativa che si contrapponga all’isolamento dell’individuo di fronte all’influenza di una intelligenza artificiale creata per raggiungere gli scopi delle multinazionali digitali.